Sant’Alberto, Patriarca di Gerusalemme, consegna la Regola
ai primi eremiti del Monte Carmelo
La “Norma di vita” (“vitae Formula”) che essi chiedevano non era ancora una Regola, nel senso pieno e giuridico del termine, ma era già “più di un propositum”, e aveva lo scopo di raccogliere gli eremiti in un solo “collegium”, ecclesialmente riconosciuto e sottoposto a un preciso ordinamento giuridico
La Regola si apre con queste parole: 1 – Alberto, chiamato per grazia di Dio ad essere Patriarca della Chiesa di Gerusalemme, ai diletti figli in Cristo B. e agli altri eremiti che dimorano sotto la sua obbedienza sul Monte Carmelo, presso la Fonte di Elia, salute nel Signore e benedizione dello Spirito Santo.
Come le origini del carisma carmelitano devono essere rintracciate più in un Luogo che in un Fondatore (anche se vengono subito personalizzate in due archetipi: Elia e Maria), e come tali origini consistono in una possente risalita verso l’Origine stessa dell’Alleanza vetero-testamentaria, così la Regola carmelitana non farà altro che organizzare, nella maniera più semplice, un discorso strutturato e normativo sul «grande e universale comandamento» che chiede alla creatura la massima intimità, possibile su questa terra, col suo Dio.
IL «GRANDE PRECETTO» DELLA REGOLA:
8 – Ciascuno rimanga nella propria cella, o in prossimità di essa, giorno e notte meditando la Legge del Signore e vegliando in preghiere, a meno che non si sia occupati in altre giuste incombenze.
L’obsequium Christi, chiesto agli eremiti, dovrà avere, infatti, questa precisa connotazione vocazionale: obbedire al comando evangelico circa la “preghiera ininterrotta”.
Maria Santissima e il profeta Elia, prototipi dell’Ordine carmelitano
Ai fratelli eremiti viene assegnato un compito che, per sua natura, non ammette interruzioni. Si tratta della grande sfida che ha travagliato continuamente il cristianesimo: il comando di Gesù di “pregare sempre”.
Una antica grotta del monte Carmelo, utilizzata dai primi eremiti