«Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui».
Gv 6, 51;56
La Santa Madre Teresa di Gesù considerava fondato un monastero quando il Santissimo Sacramento veniva collocato nel tabernacolo. Era per lei un grande motivo di gioia vedere una chiesa in più dove vi fosse Gesù presente nel Pane eucaristico. L’Eucarestia fu il centro della vita di Teresa, il momento privilegiato della sua comunione con Cristo, lo spazio delle sue esperienze mistiche più sublimi.
La celebrazione dell’Eucarestia è il nucleo incandescente della vita carmelitana. Cristo “compagno nostro nel Santissimo Sacramento” è il cuore della comunità, la edifica e rinvigorisce. Durante la giornata le monache sono solite visitare Gesù-Eucarestia e le due ore di orazione così come tutta la liturgia delle ore sono svolte in coro, davanti al tabernacolo.
Assiduamente tutte le sorelle si raccolgono in coro per l’adorazione eucaristica comunitaria (tutti i primi giovedì del mese, le domeniche di Avvento e di Quaresima o altre occasioni particolari che lo richiedono).
L’esperienza di Santa Teresa
Confessori, cappellani e compagne della Santa attestano che si comunicava ogni giorno e pongono il fatto in rilievo come cosa straordinaria per quei tempi. I ricordi delle figlie della Santa si accavallano nel raccontare rapimenti e grazie mistiche ricevuti nella Comunione eucaristica. Ricordiamo due particolari curiosi: il primo è l’abitudine della Santa di farsi accompagnare da un’altra religiosa nel comunicarsi, per non essere da sola a ricevere il Signore. Così racconta Maria di san Giuseppe: “Era abituata a portare con sé alla Santa Comunione ora una religiosa ora un’altra, perché le pareva che, per la compagnia della sorella, Nostro Signore le avrebbe perdonato l’audacia di comunicarsi ogni giorno”.
L’altro particolare quello dell’orazione dopo la Comunione con le mai alzate verso il cielo. Si preparava con cura a ricevere la Comunione, come una sposa che si abbiglia in attesa dello Sposo.
Un giorno, appena comunicata, mi sembrò veramente che la mia anima si facesse una cosa sola con il sacratissimo Corpo del Signore, la cui presenza mi si fece sentire con grandi effetti e vantaggi. R 49
Un giorno, appena comunicata, mi fu dato d’intendere che il Corpo sacratissimo di Cristo vien ricevuto nell’interno dell’anima dallo stesso suo Padre. Compresi chiaramente che le tre divine Persone sono dentro di noi e che il Padre gradisce molto l’offerta che gli facciamo di suo Figlio, perché Gli si offre la possibilità di trovare in Lui le sue delizie e le sue compiacenze anche sulla terra. R 57
La domenica delle Palme, appena fatta la comunione, mi trovai in così grande sospensione da non poter neppure inghiottire la Sacra Ostia. Tornata alquanto in me stessa, e avendola ancora in bocca, mi parve che la bocca mi si riempisse di sangue, e che di sangue mi sentissi bagnato il volto e tutta la persona: un sangue caldo, come se nostro Signore l’avesse versato allora allora. Mentre ne assaporavo la straordinaria dolcezza, il Signore mi disse: “Figliola, voglio che il mio sangue ti giovi. Non temere che la mia misericordia ti manchi. Io l’ho versato tra acerbissimi dolori, e tu lo godi fra inenarrabili delizie. Vedi dunque che ti pago bene il banchetto che oggi mi prepari”. R26
Il secondo anno del mio priorato all’Incarnazione, il giorno dell’ottava di S. Martino, mentre mi accostavo alla comunione, il P. fr. Giovanni della Croce, stando per comunicarmi, divise in due la sacra ostia per farne parte a un’altra sorella. Mi venne subito da pensare che ciò facesse non per mancanza di particole ma per mortificarmi, perché gli avevo detto che gradivo molto le ostie grandi, quantunque sapessi che ciò non importa, perché il Signore è tutto intero anche in una minima particella. Ed ecco che Sua Maestà, volendomi far comprendere che ciò appunto non importa, mi disse queste parole: “Non aver paura, figliuola! Nessuno ti potrà separare da me!”. Poi mi si rappresentò nel più intimo dell’anima per via di visione immaginaria, come già altre volte, mi porse la destra e mi disse: “Guarda questo chiodo: è segno che da oggi in poi tu sarai mia sposa. Finora questa grazia non l’avevi meritata; ma d’ora innanzi tu avrai cura del mio onore non solo perché sono tuo Dio, tuo Re e tuo Creatore, ma anche perché tu sei mia vera sposa. Il mio onore è tuo, e il tuo è mio”. R 35
Una volta, appena fatta la comunione, mi parve chiarissimamente che nostro Signore mi si sedesse accanto, cominciandomi a consolare con molte attestazioni di bontà, e dicendomi fra l’altro: “Eccomi qui, figliuola: sono io. Mostrami le tue mani”. E parve che me le prendesse. Poi, portandosele al costato, aggiunse: “Guarda le mie piaghe! Tu non stai senza di me. La vita passa rapidamente”. Ho compreso da certe sue espressioni che, dopo la sua ascensione al cielo, non è più disceso sulla terra per comunicarsi agli uomini altro che nel Santissimo Sacramento.
Mi disse inoltre che, appena risorto, si era mostrato a nostra Signora perché ne aveva gran bisogno. R 15
Il buon Gesù… prese la risoluzione di rimanere sempre fra noi… O Signore, qual’è il padre che avendoci già dato suo figlio, e un tal figlio, possa permettere, dopo averlo veduto così indegnamente maltrattato, che rimanga ancora in mezzo a noi per soffrire ogni giorno nuovi generi di strapazzi? Nessun altro, o Gesù, fuorché il vostro… O Eterno Padre, come avete potuto acconsentire? Perché avete voluto che vostro Figlio fosse ogni giorno in balìa di gente così perversa come noi? L’avete già voluto una volta con acconsentire alle sue domande, e avete veduto in che modo fu trattato. Ed è possibile che la vostra tenerezza permetta che sia esposto ogni giorno – sì, dico ogni giorno – a tanti maltrattamenti? Oh, quanti se ne devono fare ai nostri giorni a questo divinissimo Sacramento! In quante mani nemiche siete Voi costretto a vederlo! Quante irriverenze.
Egli infatti non rimane tra noi che per aiutarci, incoraggiarci e sostenerci affinché, come abbiamo detto, vogliamo che si compia in noi la volontà di suo Padre. Il Figlio dice: Giacché, Padre, ha da esser per un giorno, permetti di passarmelo in schiavitù. Il Padre ce lo dette e lo mandò nel mondo per sua propria volontà; ed ora per sua propria volontà il Figlio non vuole abbandonare il mondo, felice di rimanere con noi a maggior gaudio dei suoi amici e a confusione dei suoi avversari…
Voi, figliuole, unitevi al Signore nel domandare all’Eterno Padre che vi lasci per oggi il vostro Sposo, concedendovi di non esserne mai prive per tutto il tempo di vostra vita.
Quanto a noi, chiediamo all’Eterno Padre che ci conceda di ricevere il nostro Pane celeste con tali disposizioni che, pur non avendo la felicità di contemplarlo con gli occhi del corpo, perché troppo nascosto, lo contempliamo almeno con quelli dell’anima, a cui si manifesti. E’ questo un pane che assomma in sé ogni soavità e delizia, e sostenta la vita.
Pensate forse che questo sacratissimo Pane non sia di sostentamento per i nostri miseri corpi e di medicina efficace ai nostri disturbi corporali? So invece che è così. Conosco una persona che nelle sue gravi infermità andava spesso soggetta ad atrocissimi dolori, ma quando si accostava alla comunione, le pareva che per incanto le sparisse ogni male, rimanendo completamente guarita… Il Signore le aveva dato una fede così viva che quando sentiva dagli altri che avrebbero desiderato vivere al tempo in cui nostro Signore era sulla terra, rideva tra se stessa, sembrandole che possedendo nel SS. Sacramento lo stesso Cristo che allora si vedeva, non vi fosse altro da bramare.
Non si tratta già di un lavoro di fantasia, come allora che ci immaginiamo il Signore sulla croce o in qualunque altro mistero della Passione, dove siamo noi che ci rappresentiamo il fatto com’è avvenuto; qui si tratta di una presenza reale, ed è verità indiscutibile. Se quando era nel mondo guariva gli infermi col semplice tocco delle vesti, come dubitare che, stando in noi personalmente, non abbia a far miracoli se abbiamo fede? Sì, trovandosi in casa nostra, accoglierà ogni nostra domanda, non essendo suo costume pagar male l’alloggio che gli si dà, quando gli venga fatta buona accoglienza.
Quanto a voi, fategli buona compagnia e non vogliate perdere una così bella occasione per trattare dei vostri interessi, come quella che vi si offre dopo la S. Comunione. Se l’obbedienza vi occupa in altre cose, procurate di Sappiate che quel tempo è assai prezioso per l’anima. In esso il buon Gesù gode rimanergli unite con l’anima. Ma se voi portate il pensiero ad altre cose, non fate conto di Lui e neppur pensate che vi sta nell’anima, come volete che vi si dia a conoscere? Quel tempo è assai prezioso perché allora il Maestro ci istruisce: facciamo d’ascoltarlo, baciamogli i piedi, riconoscenti per tanta sua degnazione, e supplichiamolo di star sempre con noi
Ma nel far questo, non vogliate rivolgervi al Signore rappresentato in qualche sua immagine: mi pare una sciocchezza lasciar la persona per indirizzarsi a un suo ritratto. Non saremmo forse ridicoli se, amando molto una persona, la lasciassimo in disparte quando ci venisse a trovare, per fare le nostre conversazioni con il suo ritratto che teniamo in casa?
Appena comunicate, chiudete gli occhi del corpo e aprite quelli dell’anima per fissarli in fondo al vostro cuore, dove il Signore è disceso. Vi dico, vi torno a dire, e ve lo vorrei ripetere all’infinito, che se vi abituate a questa pratica ogni qualvolta vi accostate alla comunione, il Signore non si nasconderà mai così del tutto da non manifestarsi con qualcuno di quei molti espedienti che ho detto, in proporzione al vostro desiderio: lo potreste desiderare con tanto ardore da indurlo talvolta s manifestarsi del tutto. Procurate di mantenervi in tali disposizioni da poterlo godere con frequenza. Ma se noi non facciamo conto di Lui, e lo abbandoniamo appena ricevuto per correr dietro alle miserie della terra, che volete che faccia? Deve costringerci a guardarlo per potersi manifestare?
Ecco un gran fuoco. Per ardente che sia, se voi ve ne state lontano e nascondete le mani, non vi scalderete che ben poco: tuttavia avreste sempre più caldo che non in un luogo ove il fuoco non fosse. Così qui.
Se l’anima si accosta alla comunione ben disposta, e desiderando di cacciarsi di dosso ogni freddezza si ferma alquanto con Dio, ne rimane calda per molte ore.
Egli, pur di trovare un’anima che lo riceva e lo tratti con amore, soffre ed è disposto a soffrire ogni cosa. Quest’anima sia la vostra!
Se il vostro divin Figlio non ha nulla tralasciato per dare a noi, poveri peccatori, un dono così grande come quello della SS. Eucaristia, non permettete, o misericordiosissimo Signore, che venga trattato così male! Egli si è lasciato fra noi in un modo così ammirabile da potervelo noi offrire in sacrificio quante volte vogliamo. Ebbene, per questo augustissimo sacrificio, si arresti finalmente la marea dei peccati e delle irriverenze che si commettono fin là dove questo santissimo Sacramento risiede, e per i meriti di questo vostro Figlio che ha tutti i motivi di essere esaudito, vi supplico di concedermi quello che vi chiedo. Oh! Sì, Signor mio, non tardate più oltre, calmate finalmente questo mare, affinché la nave della Chiesa non sia sempre in burrasca. Salvateci o Signore, perché siamo in procinto di perire!
Cammino di perfezione 33-35
Un giorno, mentre andavo a comunicarmi, vidi con gli occhi dell’anima, più chiaramente che con quelli del corpo, due demoni, di un aspetto abominevole. Mi pareva che le corna cingessero la gola del povero sacerdote e vidi il mio Signore con la maestà che ho detto, fra quelle mani, nell’ostia che egli si preparava a darmi, segno evidente che erano mani di uno che lo offendeva: capii che quell’anima si trovava in peccato mortale. Come poter dire, Signor mio, l’orrore di vedere la vostra bellezza in mezzo a così abominevoli figure?
il Signore stesso mi disse di pregare per lui, aggiungendo che l’aveva permesso per farmi conoscere il valore delle parole della consacrazione, in virtù delle quali Dio è lì presente, per quanto possa essere indegno il sacerdote che le pronuncia e per mostrarmi la sua grande bontà nel porsi fra le mani di un suo nemico, pur di operare il mio bene e quello di tutti. Mi resi conto allora di quanto i sacerdoti siano obbligati più degli altri ad essere virtuosi, di come sia atroce ricevere indegnamente questo santissimo Sacramento e di quanto potere abbia il demonio su un’anima in peccato mortale. Vita 38, 23
Sappiate che quel tempo (della Comunione eucaristica) è assai prezioso per l’anima. In esso il Buon Gesù gode molto che gli facciate compagnia. E voi cercate di approfittarne.
Cammino di perfezione (Escorial)